15 maggio 2010

Hume

Quando a scuola mi spiegarono la filosofia di David Hume ne restai particolarmente affascinato, tanto che adesso ne riassumerò qui uno dei punti salienti, cioè la negazione del principio di causa-effetto.
Se “posizioniamo” un sasso in aria ci aspettiamo che questo cada. Ma esiste davvero qualche indizio che giustifichi la nostra aspettativa? Il solo fatto che in passato all'azione di lasciare il sasso sia sempre succeduta la sua caduta non prova l’esistenza di un legame tra i due eventi, e il sasso in questione questa volta potrebbe rimanere sospeso in aria, o incominciare a parlare.
L’esperienza ci dice soltanto che A segue B, non che A debba seguire B.
Non si tratta di una semplice e inutile elucubrazione, ma del frutto di un ragionamento logico; è invece irrazionale pensare di poter fare previsioni sulla base delle osservazioni fatte in passato.
Il filosofo Bertrand Russel a proposito di questo propone un grottesca metafora, “L’esempio del tacchino induttivista”:

Un tacchino un giorno decise di formarsi una visione del mondo scientificamente fondata: «Fin dal primo giorno questo tacchino osservò che, nell'allevamento dove era stato portato, gli veniva dato il cibo alle 9 del mattino. E da buon induttivista non fu precipitoso nel trarre conclusioni dalle sue osservazioni e ne eseguì altre in una vasta gamma di circostanze: di mercoledì e di giovedì, nei giorni caldi e nei giorni freddi, sia che piovesse sia che splendesse il sole. Così arricchiva ogni giorno il suo elenco di una proposizione osservativa nelle condizioni più disparate. Finché la sua coscienza induttivista non fu soddisfatta ed elaborò un'inferenza induttiva come questa: "Mi danno il cibo alle 9 del mattino". Purtroppo, però, questa concezione si rivelò incontestabilmente falsa alla vigilia di Natale, quando, invece di venir nutrito, fu sgozzato.»

Se ancora non siete convinti, se pensate che domani il Sole sorgerà sicuramente, che le leggi della fisica sono infallibili ed eterne, che non verrete sgozzati per cena, leggete la prossima veritiera vignetta.














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8 commenti:

  1. Completamente d'accordo. Secondo il principio di causalità, ad un effetto corrisponde una causa esistente che l'ha provocato. Questo principio però ci è dimostrato solo dall'esperienza e non dalla ragione: infatti non c'è niente che ci faccia capire che ad una causa corrisponda un certo effetto, essendo completamente diversi. Solo l'esperienza ci dimostra che al determinato effetto corrisponde QUELLA causa. Ma, essendo l'esperienza "attuale" non siamo sicuri che il principio di causalità valga anche per il futuro. è solo una nostra abitudine. Signori, non possiamo essere sicuri di niente.

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  2. Certo, non potremmo mai essere sicuri di niente, tuttavia è fuori dubbio che diverse leggi della fisica sono state scritte ben prima di poter osservare il fenomeno che descrivevano. La ragione, quindi, affidandosi ad una schematizzazione causa-effetto, ha predetto il verificarsi di un avvenimento che registriamo come 'reale'. Ciò significa che, per il livello di confidenza che abbiamo con il mondo, ci conviene per il quieto vivere accettare i rapporti di causalità come essi ci vengono insegnati.
    Ovviamente le speculazioni su di essi sono interessanti quanto divertenti, come d'altronde molte altre idee che la filosofia riesce a far intrufolare nella nostra testa.

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  3. Eppure la fisica, come le altre scienze, si basa prima di tutto su quelle che vengono chiamate "evidenze sperimentali", per poi da lì dedurre e astrarre le sue leggi. O mi sbaglio?

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  4. In realtà no, o meglio, non sempre. Solitamente si procede partendo da una teoria matematica, che viene adattata al caso fisico particolare, e solo poi viene eseguito l'esperimento appropriato. Questo più che altro per una questione di economia: è più facile trovare qualcosa che ti aspetti piuttosto che descrivere matematicamente un evento a caso.
    Tuttavia di solito il premio nobel lo prende chi riesce a spiegare un dettaglio di qualcosa che non era stato ancora spiegato!

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  5. In ogni caso ha poca importanza se la legge in questione è stata trovata per via sperimentale o logica, perchè comunque la sua validità è applicabile alle sole volte in cui si è rivelata esatta nel passato, e non potrà mai avere valore predittivo. Ma come ha detto Andrea, tanto vale crederci.

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  6. In ritardo ma alla fine ce l'ho fatta.
    Ci ho pensato un pò su e sono arrivata alla conclusione che se dovessimo davvero mettere in pratica, per così dire, le conclusioni di Hume, non riusciremmo a vivere. Neanche a fare un passo senza cadere nel dubbio di, che so, riuscire a muovere il muscolo della gamba. Perchè, se fin'ora il mio cervello aveva mandato l'impulso e la gamba si era mossa,non vuole dire che succederà anche sta volta. Credo semplicemente che Hume volesse esortare a non considerare l'esperienza sensibile (e le deduzioni che da essa derivano) come verità. O, meglio, come indiscutibili assolute verità (in quanto l'esperienza fatta è indubitabile).

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  7. Non esattamente non riusciremmo a vivere, "non riuscire a fare un passo senza cadere nel dubbio" è una cosa diversa dal non riuscire a fare il passo (che puoi fare pur dubitando della sua fattibilità). Conseguenze logiche della mancanza della certezza di causalità potrebbero essere il non fare nulla, il fare tutto o l'agire a caso, tutte cose impossibili per l'umano per il senso comune ma su cui si potrebbe discutere (ad esempio se effettivamente neghiamo l'esistenza di una causalità si potrebbe dire che ogni azione è casuale). Passo successivo e che abbisognerebbe d'altre premesse (come l'identità o la volontà) è la scelta arbitraria, cioè il decidere in maniera più o meno cosciente che una cosa ci piace o è giusta e basarsi su questi punti di riferimento (che non basandosi su nulla sono inammovibili).
    L'umano considerato come vivente, cioè diverso da un cadavere, non può non vivere =)

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  8. =) mi hai beccato! Ho decisamente sbagliato a scrivere la parola "vivere". Vivere si riesce. Solo che non si può essere sicuri dell'esistenza di una realtà (essendo smantellato il principio di causalità ed essendoci questa dimostrata da una forma di passività, quale la sensazione). Per vivere, viviamo. Solo in un perenne scetticismo. Il che porta, come dici tu, al fare nulla, al fare tutto o ad agire a caso sperando in bene. Mentre non credo di aver afferrato la questione sulla scelta. Me la spieghi? =ß

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