20 novembre 2009

perchè esco

Quando ci domandiamo il perché di qualcosa ci stiamo interrogando sulle sue cause, o sul suo scopo. Interrogarsi sullo scopo è comodo, ma inesatto. Esempio: “perché esci?” “Per fare la spesa”, in realtà non esco per fare la spesa, ma perché ho visto che il frigo era vuoto e ho imparato che per riempirlo devo andare al supermercato. Quindi il movente di un’azione non è lo scopo ma lo sono soltanto le sue cause. A questo punto si può intuire che anche le cause hanno delle cause, che a loro volta ne hanno altre e così via. Se in questa cronologia di eventi concatenati eliminassimo una causa in un qualunque punto, tutte le sue conseguenze non si verificherebbero, né le conseguenze delle conseguenze, ecc ecc.

Secondo la matematica/fisica moderna anche un lievissimo cambiamento (ad esempio un elettrone che viaggia in una direzione piuttosto che nell’altra) può portare nel tempo a differenze abissali tra l’universo del primo caso (elettrone in una direzione), e del secondo caso (elettrone nell’altra direzione). Infatti cause molto piccole possono avere conseguenze un po’ più “grandi”, che a loro volta sono cause di conseguenze ancora più apprezzabili e così avanti. Ne risulta che anche le nostre azioni più insignificanti prima o poi, combinandosi con altre piccole conseguenze di piccole azioni, avranno grandi ripercussioni. Allo stesso modo noi siamo frutto di una combinazione enorme di piccole cause, e se anche il passato fosse stato leggermente diverso da come è stato, probabilmente nessuno di noi esisterebbe (esisterebbero altre persone). Quindi non dovremmo dispiacerci troppo per quel che finora è successo (es. guerre, genocidi, soprusi, le solite cose), in quanto anch’esse sono state una condizione necessaria per la nostra nascita (piuttosto è meglio darsi da fare perché non si ripetano all'infinito).

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