31 agosto 2010

Arte

Arte, ne parlavo con un'amica che se ne intende un po' di tempo fa.

Io non ci capisco nulla, non ho memoria per i nomi degli artisti, né per quelli delle opere. Certo, la musica soprattutto, ma anche il cinema e forse la fotografia mi interessano, ma le forme più classiche mi restano sconosciute, indifferenti e lontane.
Però mi ha fatto piacere rifletterci.

Lei la vede in modo simpatico: sono i critici, più che gli artisti, che fanno l'arte al giorno d'oggi.

Grazie al cazzo ho pensato, cioè, è ovvio.
Mica tanto però...

Voglio dire, diamo per assodato che le persone al giorno d'oggi siano generalmente troppo stupide per capire qualcosa d'arte.
E' allora necessario per la sopravvivenza dell'artista che ci sia un intermediario tra lui e la folla, qualcuno che traduca le sue intenzioni in un linguaggio comprensibile.

L'intermediario è giustamente il critico: uno che ha studiato, uno che ne sa.

Che diritto ha quindi il critico di selezionare quale arte è valida e quale no direte voi.

Beh, tutti i diritti del mondo. 


Lui sa interpretare i codici delle forme d'arte già esistenti e tradurli al pubblico mediante parole, gesti o altro.
 Sa consigliare gli artisti su come esprimersi al meglio; ma soprattutto sa esprimere giudizi.

Fin qui è tutto chiaro, è così che 'il critico fa l'arte'.
E' lui che decide cosa diventa mainstream e cosa no.

Il problema sorge quando si deve parlare di una forma d'arte sconosciuta, fuori dai canoni, appena inventata. 


Il critico in questo caso non ha termini di paragone se non il passato, non ha modo di descriverla se non utilizzando categorie adeguate per ciò che già esiste, ma inadeguate a descrivere le novità, perché sviluppate in assenza di esse.

E' quindi necessario che qualche ignorante, magari un gruppo di ignoranti, chiamiamolo folla, reagisca all'opera senza conoscere il motivo della reazione. La interpreti dal suo piccolo, crei delle categorie, un numero grandissimo di categorie, magari sbagliate, magari andando contro ciò che l'artista pensava. 


Queste categorie prenderanno forma, si generalizzeranno, diverranno magari comuni. 


Ora starà quindi al critico dare una forma logica e rigorosa alle reazioni della folla, ordinarle, eliminare le meno importanti, catalogarle, renderle altisonanti, incomprensibili a chi le aveva create. 
L'arte è già stata fruita dal pubblico, senza filtri, ora sta al critico farla fruire attraverso la sua voce. 


Ora sì, che è il critico che crea l'arte.



5 commenti:

  1. Possiamo allontanarci ancora un po'. Il critico non è uno, ce ne sono tanti, ognuno con conoscenze leggermente diverse ed esperienze più che leggermente diverse. Il parere di chiunque può essere considerato critica ed a dar valore alle diverse critiche è chi legittima, chi concorda con esse, ci da peso e ci si adegua. Dunque si può dire che è il pubblico del critico a definire l'arte :P
    Ma se il pubblico è composto dalle stesse persone che "sono generalmente troppo stupide per capire qualcosa d'arte", per noi sarà opportuno fidarci del suo parere e dei suoi critici?

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  2. Beh, ma andando così avanti trasformiamo la critica nell'arte che dovrebbe criticare, a questo punto dovremmo considerare la critica della critica. Oppure convenire che tutto è arte! ;)

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  3. Non ho ancora trovato una convincente definizione di arte che esuli dal dire che tutto/nulla sia arte o che arte è ciò che si considera arte. Conclusioni piuttosto deboli nella pratica.

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  4. Ok, urge meeting con birrette per discuterne...
    E prima o poi preparo anche un post sulla faccenda della poesia di qualche serata fa!

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  5. Ho adocchiato una potenziale ottima sede per la cosa. A breve il sopralluogo.

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